flume studio

L’ambiente suggerisce la musica (e viceversa)

[articolo uscito sul #4 di Thea con il titolo “Il punto di vista”]
Sono qui contenute e riassunte le motivazioni che mi hanno spinto, qche anno fa, a scegliere, come argomento del mio PhD, l’acustica degli spazi aperti.

dp_2005-06-07 220900_farfromhere_s

 

 

 

 

 

 

 

 

Si dice che la forma del contenitore non influenza il contenuto. L’acqua rimane acqua sia in una bottiglia sia nell’aria, come la pioggia.
Ma se la bottiglia è fatta di ghiaccio, che cosa succede?
Questa tenderà ad “ammorbidirsi”, mentre l’acqua all’interno si raffredderà.
Non voglio certo far quello che inventa l’acqua… fredda, penso soltanto che l’ambiente condizioni in qualche modo le attività al suo interno, o comunque quelle che accoglie in sé.
L’ambiente suggerisce…
In alcune chiese c’è un implicito invito al silenzio, che se è interno, è già preghiera; ci sono sale d’aspetto (t’aspetto) dove aspettare non è una perdita di tempo.
E ci sono dei caffè dove è un piacere sedersi e bere un caffè, con calma, nonostante tutto.
Credo che una delle principali funzioni dell’architettura sia proprio questa: costruire uno spazio intorno ad una funzione.
Così, anche i luoghi per la musica dovrebbero essere funzione del tipo di esecuzione che verrà proposta al suo interno.
Storicamente è quasi sempre avvenuto il contrario: “Le tradizioni architettoniche delle diverse civiltà hanno influenzato in modo essenziale il tipo di musica che esse hanno elaborato” – W. C. Sabine). Oggigiorno tuttavia viene in genere definita una funzione più o meno precisa e lo spazio nasce (o dovrebbe nascere) di conseguenza.
In una Opera House si va a vedere l’opera, la musica sinfonica si ascolta in una sala da concerto. In una chiesa si possono ascoltare i canti gregoriani.
E la musica pop-rock?
Allo stadio, o in un palasport, ovviamente!!
Chi di voi andrebbe a vedere una partita di calcio alla Scala? O chi, entrando in un bar, si aspetterebbe di sentire il Te Deum? (Lo spirito volendo lo trovi…).
Così succede che un musicista, se e quando diventa molto famoso, è obbligato a suonare in un luogo che non è mai stato concepito per la musica, di nessun tipo.
21 giugno 1988: Stadio delle Alpi, Torino. Bruce Springsteen + E Street Band in concerto. Io sono in mezzo al prato insieme ad altri 8-10 mila fans, gli altri 50 mila ci circondano, ansimando. Un foro post-romano dove è impossibile distinguere tra pubblico e bestie.
Al termine del primo brano non trovo più gli amici (mio padre con un “voi siete pazzi” ci aveva lasciato al nostro destino molto prima e aveva raggiunto spazi più respirabili). Per il resto del concerto vedo passare, sopra le nostre teste, persone che, svenute, vengono in qualche modo prelevate e messe in salvo.
Davanti al palco il volume è troppo alto, dietro e intorno il suono è “lontano” ed è quasi impossibile distinguere i vari strumenti.
I musicisti sembrano piccoli soldatini, e ci si riduce a guardare il concerto attraverso uno schermo gigante.
Stessa cosa nel 2003 a San Siro, ma con pioggia, che inzuppa tutto, abiti, prato, portafogli, suono.
I musicisti, in situazioni così anti-musicali, fanno uno sforzo incredibile per mantenere alta la concentrazione, e quindi la precisione e l’ispirazione, con il risultato che alla fine siamo tutti (pubblico e musicisti) un po’ delusi, in fondo.
Certo abbiamo visto il nostro cantante preferito, qualcosa comunque è arrivato (forse perché quel qualcosa è indipendente dall’ambiente…) ma c’è un senso di stanchezza, fisica e non.
In un palasport le cose possono anche andare peggio: echi, dislivelli tra i vari strumenti, in ogni posizione c’è qualcosa che non va.
A peggiorare le cose ci sono i prezzi dei biglietti; da ulcera, soprattutto in Italia, ma non so perché.
E la ciliegina? I bagarini (parola squisitamente italiana. In inglese fa “a person who makes a corner in sthg”… una specie di segnalibro… mi è quasi simpatico).
I biglietti del prossimo concerto di Bruce sono spariti in qualche secondo. Prezzo: da 60 a 90 Euro (Neuro). Un tutto esaurito con il rischio, al forum, del semi-pieno.
Il mio sogno (uno dei): che ci siano, un giorno, degli spazi da 20-30 mila posti, dove la musica si sente bene, si vede, e che i prezzi dei biglietti siano come la musica: popolari.
[© dario paini]

0 Comments